Il mio modo di fare medicina

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Il contenuto di questo articolo è destinato prevalentemente ai pazienti, al fine di fornire un mezzo utile a valutare l’importante scelta del proprio medico di medicina generale o del proprio curante.

Indice

I miei assistiti, almeno la maggioranza, sono pienamente coscienti dei valori innovativi di verità scientifica, trasparenza, civiltà e fiducia reciproca su cui si fonda il nostro rapporto e che sono alla base del processo continuo di presa in carico e di diagnosi e cura. Ognuno di loro ha ben inteso quanto ciò benefici alla mia serenità lavorativa, che si traduce nell’adeguata elaborazione di percorsi corretti e personalizzati di gestione della propria salute. La loro scelta è libera e consapevole e me lo dimostrano quotidianamente.

Chi accede al mio studio medico dovrà essere disponibile a:

  • abbandonare eventuali costrutti o miti, basati su idee errate, retaggio di informazioni obsolete;
  • evitare di chiedermi prescrizioni o certificazioni che violino i principi etici della deontologia medica, l’interesse della collettività e/o la legge1;
  • affidarsi alle conclusioni a cui sono addivenuto, sollevando eventuali dubbi e conseguenti richieste di spiegazione in maniera neutrale;
  • vedersi rifiutate indicazioni “prescritte” erroneamente da personale non medico2, con conseguente proposta dell’alternativa corretta;
  • evitare di semplificare concetti chiave, scientifici ed etici, perché semplificando si rischia di sminuirne o, peggio, di cambiarne il significato.

In cambio, “semplificando”, riceverà le giuste cure. Ciò appare banale ad un primo sguardo, ma garantisco che non è più scontato.

Verità scientifica

Il mio è uno studio di Medicina Umana Tradizionale Occidentale, ovvero quella che si basa sulle evidenze scientifiche (Evidence Based Medicine, EBM). Questo implica che ogni fase del processo di presa in carico dell’assistito - dalla raccolta delle informazioni iniziali, le procedure diagnostiche, l’atto “fisico” dell’esame obiettivo (in cui, spesso erroneamente, è riassunta agli occhi dei laici l’unica realizzazione della “visita”), fino alle prescrizioni e indicazioni per il follow-up - è frutto di decisioni fondate su studi e ricerche riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale. Mi impegno costantemente, inoltre, affinché la mia conoscenza di tali risultati sia il più possibile aggiornata.

Ogni trattamento viene adattato al singolo paziente, tenendo conto sia delle evidenze disponibili sia del buon senso e della praticità.

Eventuali convinzioni errate, soprattutto se nocive per gli obiettivi di salute dell’assistito, vengono necessariamente smantellate e, laddove vi sia disponibilità ad ascoltarle e accoglierle, idonee spiegazioni verranno fornite al paziente al fine di chiarirne i dubbi.

Il mio approccio si basa sul rispetto della libertà individuale, purché questa non danneggi la collettività. Per questo motivo, se un paziente sceglie di affidarsi a pratiche non supportate da prove scientifiche (“alternative”?), non viene giudicato o criticato: tuttavia, è mio dovere spiegare che non vi sono evidenze di efficacia e segnalare i possibili rischi. Richiamando i principi della EBM, diventa a volte necessario in sede di visita ricordare le ragioni per cui eventuali “prescrizioni alternative” vengono rifiutate.

La definizione di medicina “Umana” va intesa nel senso più letterale: in questo caso si intende far riferimento a quella medicina che tratta gli individui appartenenti alla specie Homo Sapiens. È sorta l’esigenza di chiarirlo, in quanto alcuni mi hanno riferito che, prima che io glielo spiegassi, credevano che la medicina Veterinaria (ovvero, quella scienza che si occupa della salute degli animali non appartenenti alla specie Homo Sapiens) fosse una branca specialistica della “Medicina”, vista come unica scienza che si occupi della salute, e che per tanto io potessi sapere qualcosa in merito a eventuali patologie sofferte da animali da compagnia.

Trasparenza

La trasparenza rappresenta un principio cardine nell’attività del medico di medicina generale. Essa implica non solo la chiarezza comunicativa, ma anche la fermezza etica nel rifiutarsi di fornire informazioni distorte o false al solo scopo di velocizzare pratiche o liberarsi più rapidamente di questioni spinose. Dire la verità, anche quando può risultare scomoda o dura da accettare, è un atto di rispetto nei confronti della persona assistita e un presupposto per costruire un rapporto autentico. Ne consegue che il paziente deve essere pronto a ricevere la realtà sic ut est3, comprendendo che la franchezza del medico è un segno di attenzione e responsabilità, non di distacco.

La trasparenza, inoltre, va intesa anche nello stesso senso in cui è prevista per le pubbliche amministrazioni: ovvero come accessibilità e chiarezza delle informazioni, in modo da garantire correttezza, equità e fiducia nel rapporto con i cittadini.

Civiltà: la medicina come valore collettivo

La medicina, soprattutto quella territoriale e di base, non si esaurisce nella relazione individuale, ma è intrinsecamente votata al bene della comunità. In questo senso, la civiltà si traduce in un valore collettivo che invita ciascun individuo a rinunciare a visioni puramente egoistiche, riconoscendo che la salute non è mai solo un fatto personale, ma ha ripercussioni sull’intero contesto sociale. Ogni scelta, ogni comportamento, contribuisce a costruire o a indebolire il tessuto di cura che sostiene la collettività.

E, in fondo, anche se il paziente volesse mantenere un approccio egoistico, il rispetto di questi valori si tradurrebbe comunque in un ritorno positivo: il proprio pieno benessere. Al contrario, infatti, un atteggiamento esclusivamente centrato su sé stessi non consente mai di raggiungere davvero un equilibrio duraturo, proprio perché ignora la dimensione della salute pubblica, strettamente connessa a quella individuale.

Fiducia reciproca: la relazione di cura

Alla base della medicina generale vi è la fiducia, intesa come elemento imprescindibile e reciproco: il paziente non solo ha la facoltà di potersi affidare al medico, ma deve necessariamente farlo, perché la salute non può essere gestita con il “fai da te”. L’autodiagnosi e l’autogestione dei problemi clinici rischiano infatti di compromettere seriamente il percorso di cura e di ostacolare la guarigione. Analogamente, non è accettabile - come purtroppo ancora accade a volte - che il paziente pensi di trovare una scorciatoia nel rivolgersi, ad esempio, a pagamento a uno specialista e poi si limiti a presentarsi dal medico di base per ottenere la prescrizione: questo comportamento svuota di senso la funzione del medico di famiglia e riduce la cura a un atto burocratico, indebolendo il rapporto di fiducia. Il percorso di cura va invece costruito insieme, con lealtà e collaborazione. Anche il medico deve poter contare sulla sincerità e sull’impegno dell’assistito, perché solo così si realizza un’alleanza terapeutica efficace. Va ricordato, a questo proposito, che la porta d’accesso al sistema sanitario è proprio il medico di medicina generale, che ha il compito di valutare le necessità cliniche e, se opportuno, richiedere consulenze specialistiche mirate. In questo modo si garantisce coerenza, appropriatezza e continuità della cura.

Allo stesso tempo, il medico deve poter contare sulla sincerità e sulla collaborazione dell’assistito, perché solo così si costruisce un’alleanza terapeutica efficace. La fiducia reciproca diventa quindi non solo un fondamento etico, ma anche uno strumento pratico che permette di perseguire al meglio il benessere del singolo e, di riflesso, della comunità.

Primum non nocere

Il principio del primum non nocere – “prima di tutto, non nuocere” – rappresenta la stella polare dell’agire medico. Ogni intervento, anche quello apparentemente più semplice, deve essere valutato attentamente per evitare danni al paziente. Nel contesto della medicina di base, questo principio si traduce in scelte ponderate, in comunicazioni trasparenti e nel rispetto dei tempi naturali di diagnosi e cura. La sincerità e la correttezza nella relazione con il paziente sono parte integrante di questo imperativo: non mentire, non semplificare o forzare procedure a scapito della salute dell’assistito significa rispettare davvero il primum non nocere.

Salus aegroti suprema lex

Il principio del salus aegroti suprema lex, “la salute del malato è la legge suprema”, ribadisce che ogni decisione medica deve mettere al centro il benessere del paziente. Questo vale anche quando il paziente non comprende o non accetta appieno le motivazioni delle scelte cliniche: la tutela della sua salute rimane prioritaria. La relazione di fiducia tra medico e assistito, la trasparenza, la responsabilità collettiva e il rispetto della medicina come bene comune trovano in questo motto la loro sintesi. Tutte le scelte cliniche, dai percorsi diagnostici alla prescrizione di terapie, devono essere orientate a salvaguardare la salute del paziente, tenendo conto al contempo dell’impatto sulla comunità e della continuità della cura garantita dal medico di base.


  1. Qualcuno può in buona fede avanzare richieste incongrue. In questi casi, viene segnalata l’inappropriatezza, nonché fornite eventuali spiegazioni e alternative a riguardo (se richieste e se vi è disponibilità ad ascoltarle e accoglierle). ↩︎

  2. Ciò può valere anche per indicazioni e prescrizioni fornite da altro personale medico, allorché ciò violi i principi di appropriatezza scientifica e deontologica, o - più frequentemente - non sia stata tenuta in considerazione, per la problematica in esame, una eventuale incompatibilità con altre condizioni cliniche del paziente ↩︎

  3. sic ut est è un’espressione latina che significa “così com’è”, usata per indicare la realtà nella sua forma nuda e autentica, senza edulcorazioni. ↩︎